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La libertà dell'Occidente e l'Islam


Il 20 ottabre 2009 Giordano Bruno Guerri ha pubblicato nel suo blog un articolo con lo stesso titolo. Avrei voluto riportarlo qui ma, non sapendo se la legge sul copyright me lo consente, mi limito a riportare soltanto il mio commento e quello di alcuni altri lettori. Potete trovare l'articolo di Guerri a questo indirizzo:  

http://www.giordanobrunoguerri.it/gbgblog/default.htm

 


 

Sylvia Mayer (8656) scrive:
Sono completamente d’accordo con Messori e con GBG. E’ quello che ho sempre pensato e sostenuto. Ma sono anche d’accordo che ci vorra’ molto, troppo tempo. E che nel frattempo si rischiano intermezzi regressivi. Ragione di piu’ per tenere sotto controllo l’onda islamica in Europa ed in Italia. Per arginarla ed impedire tutti gli estremismi, per vietare tutti i loro retaggi incivili. Altro che ora di islamismo (questo ancora attuale islamismo poi!) nelle scuole, altro che “civilta’ del velo e del burqa”!

spalella (2350) scrive:
Sbagliato. La libertà dell’occidente non seduce l’islam ma produce solo una divisione tra gli islamici. Una parte si trincera sempre di più nelle regole integraliste a protezione dell’identità che sente sempre più in pericolo, proprio come noi che avvertiamo il peso del loro numero. ed un’altra parte, quella meno intelligente, non capirà le diversità e le scambierà per stupidità, lassimo, debolezza e libertà di prepotenza, con l’esito che saranno cani sciolti nella società organizzata. L’unico rimedio stà nel non portarceli in casa!

Ronchet (102) scrive:
Credo che sia il classico caso dove si piegano i concetti alle speranze… invece la realtà è evidente e sotto gli occhi di tutti, da sempre. Basta vedere la cronaca attuale: Filippine, India, Cina, quasi tutta l’ Africa, quasi tutta l’Asia, ovunque. Ovunque l’islam diventa maggioranza, anche in piccole aree territoriali all’interno di grandi nazioni, sempre e comunque, rivendica la repubblica islamica autonoma. Seguono bombe nelle scuole e nelle metropolitane, o stragi della popolazione andando a massacrarli casa per casa. Questa è la realtà di tutti i giorni, in ogni parte del mondo, ora, adesso, come sempre. In europa per ora si limitano a qualche strage estemporanea, ma solo perchè le condizioni per rivendicare la rebubblica islamica della Loira o della Basilicata non sono ancora mature. Verrà il giorno. E’ il loro libro piovuto dal cielo che glielo comanda. E noi non crediamo a sufficienza in noi stessi, ancora, altrimenti saremmo drastici e determinati, anziche sognare desideri.

mangiargiu (297) scrive:
Quanto e se possa essere credibile questa ipotesi è una valutazione demandata alla valutazione personale di ognuno di noi ; d’altra parte mi sembra un po’ superficiale in quanto sfiora solo leggermente il prezzo da pagare , in vite umane , nostre e loro. Mi interessa di più però il prezzo che dovremmo , o meglio dovremo , pagare noi dato che questi nostri vizi ,o piaceri comunque sia, li esercitiamo a casa nostra e non a casa loro e non vedo perché loro , solo ospiti , e anche non graditi , si sentano in dovere di combattere noi , i nostri piaceri ma soprttutto le nostre abitudini , la nostra cultura , il nostro credere ,in una parola il nostro mondo. Se a loro non piace , come sembra chiaro , la solita domanda ricorre : ma che ci vengono a fare ? Restino puri - e pure - a casa loro!

giuliana (160) scrive:
Il percorso verso la libertà lo devono intraprendere a casa propria. Una volta arrivati in Italia, pretendono da noi ciò che al loro paese non concedono ad alcuna minoranza. Anzi, interpretano la libertà che viene loro concessa, come la possibilità di fare ciò che vogliono in nome dell’islam. Perchè dobbiamo rischiare una guerra civile a casa nostra, quando dal mondo islamico provengono solo chiari segnali di chiusura nei confronti della nostra civiltà e delle leggi che ci siamo dati? In tutti gli altri paesi europei, come risultato delle politiche messe in atto per una loro integrazione, si è avuto come risultato una dilagante islamizzazione. O abbandonano le loro leggi infami, o se ne tornino da dove sono venuti. Non esiste altra alternativa.

UnaCittadina (40) scrive:
Questo articolo è puro illudersi: la nostra libertà non li conquisterà, anzi, li spingerà a lottare ancora più accanitamente per distruggerla. Basta guardare a cosa avviene in Gran Bretagna. Ricordatevi che i terroristi dell’attentato alla metro erano cittadini inglesi, benestanti, integrati e “occidentali”.

20 Ottobre 2009


 

Caro GBG, sembra incredibile ma la soluzione più ovvia, che anche tu hai considerato più ragionevole, vale a dire introdurre nelle scuole l’ora di storia delle religioni, non viene mai presa in considerazione.
Eppure è una disciplina scientifica che vanta al suo interno autori come Mircea Eliade, Rudol Otto, Roland Bainton, i nostri Raffaele Pettazzoni ed Ernesto De Martino e tantissimi altri studiosi illustri. Perché? Probabilmente perché si vuol dare comunque un’impronta confessionale, catechistica a quell’ora scolastica, e allora sembra del tutto logica la pretesa dell’Islam, come sarebbe del tutto logica quella di tutte le altre confessioni. Dobbiamo così riformulare a monte l’ora di religione che a scuola, in una scuola laica, non può mai essere di tipo confessionale, ma scientifico.
Un altro errore tipico è di quelli che dicono, credendosi laici duri e puri, che la religione deve essere trattata all’interno della storia, quando si presenta quella o quell’altra civiltà.
Così però si verrebbe a negare la peculiarità del fenomeno religioso che non può essere diluito o nascosto in un altra disciplina.
Questa peculiarità è il sacro e le sue manifestazioni.
Perciò disciplina scientifica: storia delle religioni.
Peculiarità della disciplina: il sacro.

20 Ottobre 2009 


 

Sia GBG che Vittorio Messori sono convinti che, con il passare del TEMPO, l’Occidente si rivelerà una trappola mortale per l’Islam perché i nostri valori e i nostri vizi finiranno per corrodere la loro fede poiché è basata su un testo che non tollera la critica e l'adagiarsi nell'edonismo materialistico.

Già, il TEMPO. Ma l’Occidente ce l’ha questo tempo? A me sembra di no perché stiamo dimenticando che l’Occidente è basato su un valore fondante che rappresenta al tempo stesso un PILASTRO e  una MINA capace di distruggerlo proprio dall’interno. Sto parlando evidentemente della potenza inarrestabile che in democrazia possiede il NUMERO. Sto parlando della cosiddetta BOMBA DEMOGRAFICA. Mentre loro si moltiplicano, noi diminuiamo continuamente, con la conseguenza che tra pochissimi anni l’Occidente cadrà nelle mani degli islamici senza colpo ferire, come una pera matura. Ai nostri valori, ai nostri vizi edonistici mancherà semplicemente il tempo che sarebbe necessario per diluire la loro fede granitica e medioevale.

Tic, tac, tic, tac….. il tempo che non abbiamo, il tempo che lavora per loro.

21 Ottobre 2009


 

In una democrazia compiuta, che per sua natura è laica, a scuola non si dovrebbe insegnare una particolare religione. Semmai Storia delle Religioni, insegnata da laici e non da ministri di culto. Il fine ultimo di tale insegnamento non è quello di far acquisire un nuovo adepto alla tale o tal’altra religione, ma di fornire agli studenti gli strumenti utili per formarsi un’opinione sull’argomento. A questo punto, chiedersi se l’Islamismo debba oppure no far parte di tale insegnamento è superfluo.

Altro discorso è quello dell’inserimento di mussulmani nel tessuto sociale dell’Occidente. Sono convinto che la stragrande maggioranza di essi sono come i cristiani da noi: devoti per associazione involontaria. Sono nati in un paese islamico o in una famiglia islamica. Dunque, sono mussulmani all’acqua di rose. Non è questa maggioranza il problema, per lo meno non lo è dal punto di vista religioso. Certamente lo è dal punto di vista culturale. Ma questo è un altro discorso.

I problemi gravi, a mio avviso, sono due. Il primo è quello della minoranza “integralista” o “tradizionalista” che dir si voglia. Il secondo è demografico.

Gli episodi di terrorismo inglesi e americani provano che, anche dopo tre o quattro generazioni nate e cresciute in una società occidentale, tale minoranza integralista sussiste ancora. E può essere violenta.

Ecco quindi che bisogna chiedersi, anche da noi: come sarà tale minoranza? Violenta o no? Decisa pur sempre a combattere la sua Guerra Santa contro gli infedeli? Oppure, seppur chiassosa, non integrata, problematica, non sarà comunque una minoranza votata a distruggere con la violenza la società nella quale vive?

A me sembra che il problema dello “scontro” fra culture, se per scontro si intende guerra guerreggiata per imporne l’una e sradicare l’altra, si riduca al controllo di tale minoranza, se, appunto, violenta.

Esiste poi un problema demografico. E questo, a mio avviso, è un problema più grande del primo. Se in alcun momento futuro i mussulmani diventassero la maggioranza della popolazione, e avessero i diritti politici, come e per chi voterebbe questa maggioranza? Che tipo di cultura tenterebbe di imporre la classe politica da essi eletta? Quella propria, annacquata ma probabilmente ancora diversa dalla nostra, oppure la nostra (supponendo che all’epoca in occidente, ed in particolare in Italia, si sia ancora in grado di identificare, definire e difendere la propria cultura)?

Da queste semplici considerazioni discende che: 

a)  come in tutti i paesi di immigrazione, anche il nostro dovrebbe esigere, sin dal primo giorno, il rispetto delle proprie leggi, ed espellere, dopo aver scontato la pena, quanti le trasgrediscono in modo grave; 

b)  dovrebbe esigere che, per diventare cittadini, si parli la lingua italiana e si dimostri di conoscere e di rispettare le nostre leggi (fedina penale pulita); 

c)  si introduca il criterio che la lingua di origine, se la si vuol studiare, la si studia per conto proprio o la si apprende in famiglia, come avviene nelle famiglie di tutti gli emigranti (io ho appreso l’italiano a 15 anni, al ritorno dall’Argentina);  

d)  la scuola è unica, eguale per tutti, la lingua che vi si parla è l’italiano e i programmi sono quelli che decide il Ministero, e non l’UCOII o qualsiasi altra organizzazione similare.

22 Ottobre 2009


 

Caro Giardini, sono pienamente d'accordo con tutto quello che hai scritto. Il problema, semmai, è rappresentato dalla condizione iniziale che tu hai posto come necessaria per il verificarsi delle quattro cose da fare: a), b), c), d).

Hai infatti scritto: "supponendo che all’epoca in occidente, ed in particolare in Italia, si sia ancora in grado di identificare, definire e difendere la propria cultura". Ora, ti sembra che attualmente in Italia quella condizione sia verificata? Non direi proprio. Stiamo ancora patendo i pesantissimi effetti di una propaganda pluridecennale tutta impregnata di ODIO verso l'Occidente identificato con l'Orco cattivo del capitalismo. Un Occidente additato come sentina di tutti i vizi e summa di tutte le colpe, dal colonialismo allo sfruttamento, dall'imperialismo guerrafondaio al  nazionalismo aggressivo, ecc. Come si può essere orgogliosi di una cultura del genere? Come si fa a difenderla? Ecco allora i puri e le anime belle che si dedicano ad alimentare il bla bla bla del multiculturalismo, del pluralismo, della società multietnica. E se ti azzardi a dissentire sei uno sporco  razzista che vuole sparare sui gommoni per non farli arrivare a Lampedusa.

In conclusione, per poter DIFENDERE la nostra cultura dobbiamo prima essere capaci di APPREZZARLA. E per poterla apprezzare dobbiamo identificare le tossine ideologiche che ce l'hanno presentata per tanti anni come una cultura di cui bisognava vergognarsi e fare ammenda.

23 Ottobre 2009


 

Sono figlio di un uomo che a 32 anni, senza arte e pochissima parte, decise di attraversare l’oceano e di andare a cercar fortuna nel “sur del sur”, cioè in Argentina. All’epoca, era “el lugar de los sueños y de las esperanzas”. Avevo due anni e mezzo. Sono tornato in Italia a 15. Parlavo solo spagnolo, sapevo niente dell’Italia. In quello che suppostamente era il mio paese, all’inizio, mi sono sentito di nuovo straniero, anche più di quanto mi sentissi “gringo” in Argentina. Perché non ne parlavo la lingua. Perché, abruzzese, installato a Roma, ma proveniente dall’estero, vivendo in periferia senza parlare romanesco, ero il “burino” di turno. Perché di famiglia umile (mio padre faceva il portinaio, unico impiego, comprato, che un uomo di 45 anni potè trovare al rientro).

Quindi per esperienza personale io non ho, non posso avere, nulla contro il “multiculturalismo, il pluralismo e la società multietnica” se con ciò si intende un onesto tentativo di mettere insieme persone diverse e farle convivere civilmente, dando a ciascuno, se non proprio le stesse opportunità, per lo meno la possibilità di “giocarsela”. Consapevole di tutte le difficoltà, le amarezze, i dolori, le ingiustizie che a questo tentativo, normalmente, si accompagnano. E che dovrebbero considerarsi “normali”, perché frutto della limitatezza intellettuale e caratteriale degli uomini, sotto qualsiasi sole e a qualsiasi latitudine essi vivano.

Ma affinché ci sia un minimo di probabilità che il tentativo abbia successo, bisogna avere del buon senso. Se tutti gli “ultimi arrivati” pretendono di fare a modo loro in casa d’altri, e se di “ultimi arrivati” ne arrivano in continuazione, con lo stesso atteggiamento, allora la cosa non potrà mai funzionare. Perché non c’è un padrao di riferimento, si direbbe in portoghese.

Quindi ciò che ho scritto in relazione al rispetto della realtà esistente ha la sua validità in questo senso: gestire l’immigrazione con un quadro culturale (lingua, leggi, ecc) di riferimento unico per tutti. Avere la forza, il coraggio, la determinazione per farlo. Con la forza, se necessario: perché farlo è nell’interesse stesso dell’ultimo arrivato.

Il quadro culturale è destinato a mutare, perché ogni nuovo arrivato lo cambia, sia pure di poco, nel momento stesso in cui ne diventa una parte integrante. Quindi, sul lungo periodo, ciò che conta realmente è: prevarranno gli elementi culturali “occidentali” oppure no?

Quali sono questi elementi culturali? La lingua. Le leggi (che pur mutano) ma che non possono “tornare indietro” (non puoi avere quattro mogli, c’è libertà di vestirsi come si vuole, una donna sceglie da sola il proprio marito, ecc). I costumi. L’abitudine alla libertà. E così via.

Perciò, quando parlo di definire, identificare e difendere la propria cultura intendo proprio questo: definire, identificare e difendere ciò che riteniamo essenziale per la nostra sopravvivenza intellettuale e, sia pure con parola desueta, etica.

27 Ottobre 2009


 

Caro Giardini, scrivi che dobbiamo fare due cose:

1). Avere la FORZA, il CORAGGIO, la DETERMINAZIONE per gestire l’immigrazione con un quadro culturale (lingua, leggi, ecc) di riferimento unico per tutti.

2). Definire, identificare e difendere la nostra cultura.

Entrambe le cose sono fattibili soltanto se prima si realizza una condizione essenziale cioè essere noi convinti che la nostra cultura, nel senso da te descritto, possiede un valore al quale non siamo disposti a rinunciare. Su questo punto non possiamo transigere per paura di essere giudicati “razzisti”. Cosa che invece avviene puntualmente ogni volta che qualcuno si azzarda a dire che certi valori culturali nostri sono SUPERIORI a quelli di altre culture. Per esempio il valore della libertà, quello dei diritti umani e quello rappresentato dalla separazione dello Stato dalla Religione. Sono appunto i valori che tu chiami ELEMENTI OCCIDENTALI.

In Pakistan, per esempio, sono ricorsi al sotterfugio di definire pazzo un uomo che si era convertito al cristianesimo e questo per non essere costretti a condannarlo a morte come impone la legge per chi si rende colpevole di apostasia.

Il multiculturalismo non può essere inteso nel senso che tutte le culture sono equivalenti. Altrimenti si arriva all’assurdo di quella maestra che rifiuta di celebrare il Natale a scuola per NON OFFENDERE gli alunni musulmani. È successo. Quando parlavo del bla bla bla del multiculturalismo mi riferivo a questa forma degenerata del concetto e all’autocolpevolizzazione sistematica dell’Occidente propagandata dagli occidentali nipotini di Marx che continuano a viaggiare sulla sua auto anche se hanno fatto sparire la targa che ne rendeva possibile l’identificazione a vista.

Fatte queste precisazioni, condivido tutto il resto che scrivi.

30 Ottobre 2009


 

A chi volesse approfondire e chiarire i concetti di cui stiamo parlando mi permetto di consigliare la lettura di questo libro:

Giovanni Sartori
Pluralismo, multiculturalismo e estranei. Saggio sulla società multietnica.
BUR, 2002

Secondo me, la sua lettura aiuta molto ad uscire dal bla bla bla del politicamente corretto.

31 Ottobre 2009 

 

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