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I primi della classe (1)

( Brani presi dal libro "I primi della classe" di Ruggero Guarini e Giuseppe Saltini, 1978, Sugarco )

( Da leggere dopo l'articolo "Giorgio Bocca" )

La formattazione del testo è quella originale, io ho aggiunto solo il colore rosso

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PREFAZIONE

Quel monotono delirio, di Ruggero Guarini

A contenere i frutti di una ricerca più estesa... meno timorosa dell'inevitabile effetto di monotonia e sazietà... non basterebbe un volume: ci vorrebbe una biblioteca.

Aggirarsi a lungo.... fra i resti del monotono delirio di cui tutti i testi qui raccolti custodiscono il caparbio balbettio, indugiando.... - come purtroppo occorreva fare per erigere questo piccolo monumento postumo al "culturcomunismo".... - presso le vestigia di una specie così perniciosa di pseudodotta demenza, non è stata un'esperienza dilettevole.

.... ci impegnavamo a rivisitare un luogo assai deprimente: il carcere mentale generato da un'ideologia che, nonostante la sua scheletrica povertà, o forse proprio grazie al suo schematismo indigente, riuscì ostinatamente a coniugare.... sentimentalismo e violenza, arroganza e vacuità, ignoranza e presunzione, furia liquidatrice e smania pedagogica. Non avevamo previsto, però, che queste antiche - ma ahimè non troppo - tracce.... di una stoltezza non meno metodica che furiosa, sarebbero riuscite a esercitare, almeno su di noi, un così grande potere di "mortificazione".

.... da quest'impresa siamo poi usciti stracchi e rattristati. Non però ricreduti, tutt'altro, circa l'utilità del diligente lavoro svolto: anzi ancor più convinti della sua salutifera efficacia. E diciamo subito perché. Che il "culturcomunismo" di quegli anni sia stato un'iniqua scemenza è cosa.... ammessa ormai da tutti (oggi lo riconoscono persino alcuni comunisti); ma QUANTO è stato iniquo e QUANTO è stato scemo, questo non lo ricorda o non lo immagina nessuno. Chi ha l'età per ricordare, non può ricordare abbastanza, e chi non ha l'età non può farsi un'idea della cosa adeguata alle sue dimensioni. Ecco, perciò, la giustificazione e lo scopo di questo libro: esso vorrebbe aiutarci a ricordare fino a che punto, e con quanta disinvolta sicumera, un non esiguo drappello di sprovveduti e astiosi.... pigmei della scrittura e del discorso.... provvide a divulgare un'idea così umiliante della cultura e dell'uomo. Questo libro è insomma un progetto di medicina mentale fondato sull'ipotesi che una nozione esatta della natura di certi morbi dell'immaginazione e del pensiero.... è indispensabile, benché forse insufficiente a scongiurarne il ritorno. Ipotesi che a sua volta ne presuppone un'altra: che fra i lettori di questo florilegio - sia fra coloro che essendo adulti non potranno che riconoscervi l'eco di un vecchio incubo, sia coloro che essendo giovani vi troveranno, forse per la prima volta, l'inattesa rivelazione della bellicosa insulsaggine di certi loro padri educatori - almeno alcuni sapranno reagire.... nel solo modo che proverebbe l'efficacia revulsiva e guaritrice della sua (di essa materia) somministrazione in dosi forti e concentrate: lasciandosene, cioè, sgomentare....

Schematica e scheletrica abbiamo definito la dottrina (si fa per dire) che trovò in questi testi la sua applicazione più elementare e coerente.... E infatti l'uggioso e aggressivo soggetto del "discorso quotidiano" che per decenni fu prodotto da una così testarda vocazione dottrinaria (un soggetto generato, si direbbe, dalla copula di un poliziotto con un predicatore) non d'altri strumenti poteva vantare il possesso che d'una sgualcita scarsella di spicciole illusioni, ridicole credenze e velenose fobie. Tre o quattro certezze non meno infrangibili che indimostrabili, tre o quattro desideri non meno invincibili che irrealizzabili, tre o quattro ripugnanze non meno accecanti che virtualmente assassine, tenute insieme da quel tenace collante che è il desiderio di credere (e di credersi, ovviamente, i soli legittimi credenti), bastarono infatti a forgiare il rozzo ordigno teorico (si fa sempre per dire) con cui quel pugnace soggetto pretese di candidarsi all'esercizio di quell'universale magistero che viene ancor oggi chiamato EGEMONIA CULTURALE. Ne conseguì, in primo luogo, una quasi generale riduzione del discorso critico a una pratica dominata dai gesti, complementari e opposti, dell'anatema e della benedizione. In secondo luogo, la conseguente esclusione dal campo degli argomenti raccomandati e approvati di tutta una serie di motivi, temi, interessi e orientamenti dell'immaginazione, del gusto e del pensiero. Infine un pauroso impoverimento, una mortificante contrazione di tutto il nostro spazio culturale, che si ridusse a una landa infestata dalla proliferazione ininterrotta di pochi (sempre gli stessi) truci luoghi comuni. A rievocarli tutti può bastare un capoverso:

Sfogliando l'antologia si vedrà come questo letale catechismo sia stato per anni ossessivamente enunciato, salmodiato, insinuato, martellato, ripetuto e ribadito attraverso un gioco incessante di violente intimidazioni, minacciosi avvertimenti, grossolane lezioncine, nauseanti esortazioni, predicozzi melliflui e intransigenti sentenze. Si trattasse di approvare o condannare, lo sguardo era sempre severo, l'espressione sempre accigliata, il gesto sempre saccente, il ditino sempre alzato. Alla povertà delle idee, alla ripetizione maniacale dei temi, alla fosca banalità del programma che ne conseguiva, corrispondeva poi la povertà, la ripetitività, la banalità del linguaggio con cui quei maestri portavano avanti quella che essi, con impettita tronfiezza, amavano chiamare la loro BATTAGLIA IDEALE.

Una così estenuante monotonia ha qualcosa di stupefacente, ma ci stupiremo un po' meno quando avremo ammesso che quel misero arsenale di pregiudizi, lungi dall'essere una collezione di ipotesi e di concetti volti a interpretare certe REALTÀ (culturali, letterarie, artistiche, ideologiche), era piuttosto un formulario magico destinato a rimuovere, perseguitare e liquidare un'unica cosa. Qual era questa cosa? Era tutto ciò che incessantemente, al di là di ogni illusione sentimentale, di ogni delirio ideologico.... torna sempre a rinviarci alla costituzione irriducibilmente enigmatica del mondo, della vita e dell'uomo. La lingua tedesca cerca di nominare questo ambito con la parola "Unheimlich"; noi possiamo chiamarlo l'Inquietante. Non essendo stato altro che un lungo e ridicolo tentativo di abolire l'Inquietante, il "culturcomunismo" non poté dunque esprimersi che mediante il più povero ed esangue dei discorsi: la formula esorcistica.

Una grande.... qualità dovrà essere tuttavia riconosciuta a quell'operosa équipe di esorcisti: l'infallibile precisione del suo fiuto. Con un istinto tanto più sicuro quanto più emancipato da ogni voglia o tentazione di comprendere.... quei sani lottatori non si fecero sfuggire nemmeno uno degli innumerevoli segni che in quegli anni potevano scuotere quel loro insuperabile bisogno di credere che ogni parola, immagine, suono o colore dovesse concorrere all'apologia ininterrotta dei buoni costumi e dei buoni sentimenti del buon proletariato di oggi e soprattutto di domani.

... tutto ciò che.... contribuiva a smentire la favola edificante della sana Identità progressista mostrando che l'uomo si afferma anche e forse soprattutto nel problematico gioco della Differenza, fu implacabilmente braccato, riconosciuto e liquidato come l'espressione di un'antica e sempre identica perversione. In ciò che a lui sembrava una corrotta, estrema effervescenza di cervellotiche, ghiribizzose e oscene futilità, si manifestava l'agonia.... (così l'esorcista pensava) di un ignobile e/o patetico soggetto. Il soggetto borghese? Senz'altro quello, ma non solo quello: con quel pessimo soggetto agonizzava, in fondo, il soggetto "tout-court", opponendo le sue ultime risorse - angoscia e ilarità, turbamento e gioco, ironia e sgomento - alla benefica marcia livellatrice della Storia....

E c'è forse qualcosa di più inquietante di quella piatta e cimiteriale distesa di vacue e rassicuranti ovvietà che sarebbero la cultura e la vita ove esse si adeguassero davvero a un'intenzione pianificatrice così radicalmente ostile a ogni fenomeno o impulso non programmabile e amministrabile? Quanto più sgomentevoli dello sgomento dell'esorcista, quanto più angoscianti della sua angoscia, quanto più raccapriccianti del suo raccapriccio sarebbero il mondo e la vita se dal loro tessuto sparisse, come vorrebbe appunto il "culturcomunismo", ogni superstite traccia della loro misteriosa, imprevedibile e perciò stesso "inquietante" costituzione....

L'uniformità terrificante che la vita e il mondo avrebbero dovuto assumere per adeguarsi ai gusti di quell'occhiuta squadra del Buon Costume Culturale è prefigurata in questi testi dalla duplice miseria - quella delle idee e quella del linguaggio - che costituisce, come si è già notato, la loro più inquietante proprietà. La monotonia e l'indigenza della scrittura preannunciano così quelle del mondo che essa vorrebbe contribuire a costruire e a produrre. Ma chi sono poi gli autori di questi testi? In effetti qui non c'è che un unico testo e dunque un unico autore: ciò è provato dall'assenza quasi totale, da questi scritti, non solo di pensieri originali e di tratti stilistici peculiari, ma persino di quelle minime variazioni tematiche e di quei minimi scarti linguistici che dovrebbero attestare il movimento di una differenza personale, cioè la presenza e il "lavoro" di uno scrittore. Irrilevante è insomma il contributo che ognuno degli autori di questi scritti pretese di dare allo sviluppo del tema comune. Così la scrittura è qui ridotta a un'unica funzione: quella di riprodurre e riproporre ininterrottamente il codice ideologico approvato, tornando sempre da capo a rienunciarne le regole costitutive. Semplici esecutori materiali di questo compito derisorio, gli scrivani che indebitamente solevano aggiungere le loro firme a quelle innumerevoli e pleonastiche rienunciazioni del codice, altro non erano, dunque, che gli organi disciplinati e intercambiabili di un unico soggetto: il grande Imbecille Collettivo generato dalla convergenza delle loro illusioni, avversioni e ossessioni.

Questa trasformazione di un cospicuo gruppo di intellettuali in una squadra di addetti a un semplice lavoro di anonima ripetizione presuppone un complicato movimento di "autocancellazione". Tutto infatti lascia supporre che le prime vittime delle pratiche persecutorie in cui quella squadra eccelleva fossero proprio loro, i persecutori. La veemenza con cui essi si scagliavano contro tutti quei "segni" culturali che contraddicevano il loro bisogno di credere nella consolatoria favoletta storicista, in cui forse pensavano di trovare una variante profana della "pace eterna", non era che una replica di quella che avevano fatto in primo luogo a se stessi forzandosi ad aderire a un miraggio così grossolano. Il persecutore esterno, cioè il Partito, scrupolosamente "introiettato", aveva insomma assunto, dentro tutti quei "credenti", la figura e la funzione di un tirannico Superego che adesso esigeva che ognuno di loro chiedesse a tutti, instancabilmente, lo stesso sacrificio che aveva imposto a se stesso, ricorrendo con i recalcitranti al medesimo severo trattamento che aveva inflitto alle proprie resistenze. Quello che i membri della squadra condannavano negli altri era infatti la stessa cosa (la singolarità, la differenza) che si erano impegnati a reprimere in se stessi. Tutto ciò rinvia palesemente a quel funesto meccanismo psichico che nel linguaggio della psicoanalisi viene chiamato "identificazione con l'aggressore", e che svolge, com'è noto, una funzione essenziale nella formazione del carattere gregaristico-autoritario. Tutto l'orrore dei collettivi moderni, dalle aggregazioni più minuscole e settarie ai grandi partiti di massa, in quanto sono il luogo di una duplice violenza - quella che ogni gregario deve rivolgere contro se stesso per poter "scomparire" nel gruppo e quella che egli stesso sarà poi esortato e autorizzato, in nome dell' "ideale del gruppo", a rivolgere verso l'esterno - non è in fondo che un prodotto di quel meccanismo esiziale. Ma da che cosa nasceva, nel caso particolare di quel gregario speciale che era il poliziotto del culturcomunismo, questo bisogno di autocancellarsi? .... Qual è il ceto al quale appartenevano, tutti indistintamente, quei predicatori della Norma? Appartenevano tutti.... a quel gruppo sociale che ormai da circa un secolo viene comunemente definito con un termine - "piccola borghesia intellettuale" - che proprio nel lessico minatorio del culturcomunismo ha sempre avuto una speciale connotazione dispregiativa. Dal grande Capo (Togliatti) fino all'ultimo addetto alla ripetizione ininterrotta dell'unico discorso autorizzato, quei funzionari dell'ottimismo coatto erano, tutti, appunto, intellettuali piccolo-borghesi. Ora, a chi capita di appartenere a questa fragile costellazione sociale, può facilmente accadere di sentirsi condannato a una sparizione più o meno imminente. Da un lato il principio marxiano dell'assorbimento progressivo dei ceti intermedi nelle due grandi classi (borghesia capitalistica e proletariato).... dall'altro quel processo di proletarizzazione crescente al quale i ceti professionali sono oggettivamente sottoposti nelle moderne società industriali, non fanno che insinuare, nella coscienza infelice dell'intellettuale borghese, il sospetto di essere destinato a un'inevitabile prossima estinzione. In quella coscienza minacciata può accadere, a questo punto, che si svolga un processo simile al seguente monologo interiore:

"La Storia ha deciso di liquidarmi.... devo virilmente accettare la sentenza.... Se il reale è sempre razionale, e se il reale è essenzialmente storico, la Storia è razionale e dunque giusta.... La Storia mi vuol cancellare? Orsù, diamole una mano. Anticipiamone i colpi cercando di scomparire al più presto. Precediamola mostrandole di essere noi stessi gli interpreti più solleciti delle sue intenzioni, i decifratori più accorti dei suoi messaggi, i più risoluti esecutori dei suoi progetti, insomma i suoi più fervidi e fedeli servitori. Entriamo dunque umilmente nel grande organo-strumento che essa ha scelto per attuare i suoi piani e cerchiamo di rinunciare fin da ora a tutte quelle ridicole "differenze" che continuano a segnarci come un marchio e che in fondo altro non sono che il colpevole residuo di un'origine vergognosa.... Sarà rinunciando a me stesso che acquisterò il diritto di sopravvivere e/o risuscitare. Da oggi in poi non mi concederò più né un pensiero personale, né una lingua originale, né un gusto riconoscibile. Scomparirò nel flusso di quell'unico Discorso Collettivo che oggi corrisponde al movimento della Storia. E in questo modo, insieme alla pace del cuore.... otterrò in premio un duplice diritto: perseguitare tutti coloro che stoltamente si ostinano a opporre, all'efficacia livellatrice della Storia, quelle risibili "differenze" alle quali io stesso ho saggiamente già rinunciato, e benedire tutti coloro che, illuminati dal mio esempio, avranno compreso l'opportunità di imitarmi".

.... la ridicola fede nella possibilità di una definitiva e irreversibile vittoria della Ragione nel mondo (Togliatti scrisse una volta.... : "Oggi si può considerare vinta la battaglia condotta nei secoli passati in nome della ragione umana per affermare i suoi diritti, la sua capacità di conoscere il mondo e di dirigere in modo efficace l'azione degli uomini". E scrisse questo nel bel mezzo.... dello scatenamento della Tecnica, della devastazione del pianeta, del conformismo di massa, dei totalitarismi burocratici, del trionfo dei demagoghi e del tramonto delle illusioni umanistiche.... ).

Cos'è rimasto, oggi, del "culturcomunismo" di quegli anni? Poco, molto poco, si direbbe a prima vista. La politica culturale del Partito Comunista Italiano ha infatti cessato da tempo di promuovere tendenze e orientamenti particolari, di sostenere scuole e indirizzi univoci, di indicare temi e contenuti selezionati ideologicamente. Oggi l'ambizione del Partito Comunista Italiano sembra essere, piuttosto, quella di prepararsi a esercitare un articolato controllo di tutte le tendenze e gli indirizzi, un'efficace gestione di tutti i linguaggi e i saperi "regionali" che formano l'intricato tessuto, pluralistico e contraddittorio, della pratica culturale moderna. In questo rinnovato progetto d'egemonia persiste tuttavia un elemento essenziale dell'antico "depositum fidei": quell'esiziale miscuglio di cecità e di ottimismo che non cessa di alimentare un'incontrollabile fede nel salvifico potere del "piano". I grandi obiettivi.... non possono dunque restare che quelli di sempre: espansione indefinita della sfera dei poteri dello Stato, manipolazione e controllo sempre più efficace delle masse, progressivo irretimento dei soggetti nel miraggio "partecipazione", crescente estensione del metodo burocratico a tutti gli aspetti dell'esistenza, infine riduzione di tutta la vita a un semplice campo.... di procedure amministrative e di calcoli tecnico- burocratici. Sulla funzione degli intellettuali.... si continua a disputare: mentre alcuni vorrebbero farne dei semplici addetti alla cosiddetta "costruzione del consenso", altri amerebbero assistere a una fioritura di disciplinati operatori culturali, più o meno stoicamente rassegnati allo svolgimento di funzioni rigorosamente settoriali. Ma la differenza fra le due figure non è poi così grande come potrebbe sembrare a prima vista: entrambe appartengono alla famiglia dei "funzionari dell'esistente".

Concluderò replicando ad alcune possibili obiezioni. Si può infatti prevedere che l'operazione tentata con questa antologia verrà giudicata scorretta per ben quattro motivi convergenti. Si dirà, innanzitutto, che questo florilegio, essendo stati esclusi dal raggio della ricerca i "momenti alti" del discorso culturale del Partito Comunista Italiano (cioè quei momenti che sono documentati dalla produzione teorica e saggistica destinata alle riviste e alle pubblicazioni meno.... condizionate dalle esigenze della propaganda e dell'attualità), dà un'immagine parziale e tendenziosa degli "orientamenti ideali" del partito in quegli anni. Si dirà, in secondo luogo, che tutti o quasi tutti i miti e i pregiudizi catturati nella nostra griglia antologica, più che costituire una specifica costellazione dell'ideologia comunista, appartengono in larga misura al "senso comune" di un'epoca. Si osserverà, in terzo luogo, che la tecnica adottata dai curatori - cioè la presentazione, in un ordine "costruito", di alcune centinaia di citazioni avulse dal loro contesto - è di per se stessa arbitraria e deformante. Infine si osserverà che l'eccesso di fervore critico-polemico che i due curatori dell'antologia non hanno evitato di esprimere nei testi introduttivi, non è certo un segno di obiettività. A queste prevedibili obiezioni replicherò brevemente:

1). L'idea di contestare la correttezza dell'operazione perché.... sono stati esclusi i "momenti alti" del discorso comunista di quegli anni presuppone il riconoscimento del fatale ricostituirsi.... della stessa funesta scissione fra l'ALTO e il BASSO, il COLTO e il ROZZO, l'EVOLUTO e il PRIMITIVO, il COMPLESSO e il SEMPLICE, che esso pretendeva di abolire; presuppone, cioè, l'ammissione che il discorso culturale comunista, proprio mentre affermava di volerla ricomporre, non fece che riprodurre.... quella stessa frattura fra cultura d'ÉLITE e cultura popolare o di massa che esso credeva e sosteneva di poter eliminare; il che non vuol dire nient'altro.... che ammettere la natura complessivamente DEMAGOGICA di quel discorso.

2). Anche se fosse vero.... che tutti i pregiudizi e i miti documentati dall'antologia.... appartengono.... al "senso comune" di tutta un'epoca, questa circostanza non può essere evocata come un'attenuante dall'intellighenzia di un partito che ha sempre preteso di contrapporsi all'inerzia (reazionaria) del "senso comune" come il Soggetto o il Luogo di una "coscienza" sempre "più avanzata" rispetto a quella del tempo.

3). Il metodo della citazione è quello che è, ma anche le singole sciocchezze.... - soprattutto se si tratta di.... sciocchezze ripetute fino alla nausea - restano quello che sono. A quei lettori nei quali potrà farsi strada il sospetto che questo libriccino sia un montaggio astuto e acrimonioso di materiali statisticamente poco "rappresentativi" e scarsamente "tipici", non possiamo.... che rivolgere l'invito a verificare di persona. Ci si prenda la briga di sfogliare le pubblicazioni che abbiamo parcamente saccheggiato per confezionare questo modesto "strumento", e si vedrà che se ne potrebbe cavare un'antologia non di trecento, ma di tremila pagine.

4). Sì, questo libro è il prodotto di un forsennato furore polemico. Ma il suo bersaglio non sono le circa cento persone i cui nomi, nelle pagine che seguono, ricorrono in calce ai diversi frammenti citati, bensì quell'orrendo "soggetto ideale" al quale abbiamo dato, in questa introduzione, il nome di Imbecille Collettivo: un mostro al quale anche noi, in anni ormai lontani, avendo militato nel Partito Comunista Italiano, sacrificammo qualcosa, votandoci a imparare a nostre spese che l'intelligenza e la dignità dell'uomo non sono esposti ad alcun rischio altrettanto grave come l'illusione di potersi sviluppare.... alienandosi in siffatte, perniciose "formazioni ideali".

 

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INTRODUZIONE

L'utile partitico e la sua venerazione, di Giuseppe Saltini

1. Appena uscito.... dal fronte comune contro il fascismo e dalla resistenza, il Partito Comunista Italiano, come risulta leggendo i fogli del quotidiano "l'Unità" e le pagine di "Rinascita", mensile dell'immediato dopoguerra, stimola, appoggia e produce un attivismo culturale che oggi si rivela in tutta la sua pretenziosa limitatezza. Il giudizio non sembri severo. Quell'attivismo fu il risultato di diverso fattori concomitanti: il protrarsi.... dell'idealismo; la chiusura provinciale; l'autarchia anche culturale del precedente periodo fascista; l'influenza prevaricante della Chiesa e del cattolicesimo; la pomposità della filosofia gentiliana. Queste attitudini mentali interagenti costituivano, a liberazione avvenuta, ciò che per solito viene chiamato "il peso della tradizione": giocavano, cioè, su un versante che i comunisti ritenevano aver già superato, e che, al contrario, ancora vivevano interiormente. Quel "peso", tale tradizione del pensiero - o pseudo-pensiero - di scuola italiana, condizionava il dibattito culturale e politico, e non poteva essere altrimenti; ma condizionava le stesse scelte "ideali" del Partito comunista. Il quale... rivendicava per sé.... la teoria gramsciana volta alla formazione di una cultura nazional-popolare, col conseguente gravare di un concetto, quale quello di egemonia, che comportava la volontà di adeguare alla realtà nazionale il programma leninista della dittatura del proletariato.

.... la cultura media italiana rimase profondamente familiare, provinciale, "fatta in casa". L'idealismo volentieri cavalcava il marxismo, questi faceva comunella col cattolicesimo, che a sua volta scambiava visite di cortesia con l'attualismo, amico anch'esso dell'idealismo, e via via.

Ciò fece la fortuna.... di Togliatti. Il gruppo di cavalier serventi che, sotto la sua guida, affermò il diritto-dovere.... di un indirizzo da dare alle menti e alla cultura, fu infatti partecipe di quel clima generale.

.... Furono appunto propagate certezze metodologiche e intolleranti convenzioni analitiche.... La rigidità di categorie contrapposte quali "popolare/decadente", "realismo/formalismo", "collettivismo/solipsismo nella cosiddetta torre d'avorio".... sortì l'effetto di una negazione della ricchezza, dell'ambiguità, della problematicità e dell'alterità dell'arte, con conseguente affermazione, ovunque rozzamente espressa, di una sua utilità diretta. L'immagine, così vulgata e deformata, dei prodotti dell'attività estetica, doveva favorire una loro generale cooptazione ai fini del politico. Il pregiudizio che informa tale schematismo ideologico e culturale è questo:.... l'arte deve contenere una finalità programmata. Il riconoscimento dei valori estetici è proditoriamente vincolato all'indicazione di una prospettiva: verso il socialismo.

.... La promessa di libertà per il popolo, la pretesa emancipazione degli operai e degli oppressi richiede.... il ricorso a menzogne edificanti, e insieme impone, per voce del Partito, servitù e imperativi paradigmi.

.... un reale.... il cui ordinamento complesso, per settarismo e meccanicismo veniva sottomesso ai dettami estetici di una metodologia scolastica (partitica) marxista.

.... In seguito, vedremo come questa volontà egemonica del Partito comunista vada con gli anni assumendo, rispetto al discorso culturale, una diversa strategia; ma l'obiettivo di fondo è ancora condizionato da quella vecchia concezione politica di derivazione leninista-gramsciana.

2. Ciò che maggiormente sorprende colui che, per fortuna generazionale, fu estraneo a quel contesto è poi la stolida mistura, una vera e propria accozzaglia di determinismo meccanico (il rapporto politica-cultura) e di gusto social-realista che informa tale periodo. Risale all'anno 1947 la polemica di Togliatti con il "Politecnico" (*) : professorale nel dare esibizione di come andrebbe letto e interpretato Hegel, paternalista il segretario comunista.... rimprovera al "Politecnico" un eccesso di ecletticità, denunciando il pericolo che quel giornale avalli "sbagli fondamentali di indirizzo ideologico". È implicito.... chi sia il garante della "giusta linea" (il partito comunista, ovviamente, nota mia).

(*) Nota mia: settimanale politico-letterario pubblicato a Milano dal 1945 al 1947 sotto la direzione di E. Vittorini. Quello che capitò a questa rivista è la dimostrazione di quanto fosse impossibile essere marxisti (Vittorini era iscritto al PCI) e contemporaneamente intellettuali LIBERI. La rivista, infatti, fu costretta a chiudere perché il PCI disapprovava la sua linea editoriale e pretendeva che la CULTURA fosse subordinata alla POLITICA, come prescritto dalle direttive emanate da Zdanov (vedi sotto).
Vittorini qualche anno dopo abbandonò il PCI e Togliatti lo salutò con un articolo che recitava "Vittorini se n'è ghiuto e soli ci ha lasciato!": La rozzezza di questo articolo colpì anche gli intellettuali di area marxista.

Quello stesso anno si accolgono le tesi sull'arte e la letteratura di Zdanov (*)

(*) Nota mia: dopo la seconda guerra mondiale fu presidente del Soviet supremo in URSS. Intransigente nel segnare la linea del partito comunista dell'Unione Sovietica in tutti i settori dell'attività culturale, dalla filosofia alla letteratura, alla musica, all'arte, alla cinematografia. A lui si deve la costituzione del Kominform cioè dell'ufficio che aveva la funzione di coordinamento e di scambio delle informazioni tra i partiti comunisti.

La cultura degli ideologi comunisti, ora forte e solidificata - secondo l'affermazione di Guttuso - da "un uomo di granito", gronda sentenziosità; l'obbedienza ai dettami di Stalin.... e l'esaltazione e venerazione del modello sovietico assumono, nella stampa del Partito comunista, caratteri addirittura grotteschi. Si assiste alla conciliazione dello storicismo e del materialismo storico; trionfa il volgar-marxismo; un umanesimo generico e un illuminismo servito a scampoli si accoppiano all'apologetica sentimentale del proletariato. I letterati più mediocri, non per questo meno stimati, divengono.... galoppini della propaganda: il loro status piccolo-borghese pretende di parlare.... la voce delle masse sfruttate. Una triste mediocrità invade la pittura italiana: purché il soggetto della figurazione.... rappresenti mondine, scugnizzi napoletani, carusi siciliani, zolfatari, contadini e manifestanti, i critici-funzionari ne tessono le lodi, la elevano a summa delle esperienze plastiche e delle ricerche pittoriche del secolo. È la scadente e saccente intellighenzia post-fascista, ideologicamente antifascista ma caratterialmente demagogica e tuttora trionfalistica, che suona i pifferi del Partito. Le buone intenzioni sfociano nella più mistificata propaganda.

I brandelli di pensosità sicura di sé e non priva di arroganza qui raccolti testimoniano, appunto, su un periodo mesto, ottuso.... : appaiono, quali sottoprodotti culturali, scadenti citazioni estratte da articoli e spunti critici privi di misura, che affogano in un mare di risibile e meschina superficialità, nella più vieta banalità, sorretti come sono da un precettismo ingannevole, da un interessato ottimismo. In realtà vi si respira l'invidia, la frustrazione, la mancanza di stile: una durezza.... un oppressivo moralismo da commissari..... una stoltezza primitiva.... uno spirito di polizia.

Attraverso queste intraprese pseudo-intellettuali si tace ciò che è più ripugnante:.... l'Est europeo subisce la dittatura burocratica di un'oligarchia di ideologi controllata da Stalin; l'abissale distacco della cultura nazionale da ciò che in Europa occidentale va elaborandosi da decenni. Eccelle.... la fiducia dei comunisti in un ideale di continuo progresso, il sogno di un roseo avvenire, l'utopia del socialismo (dittatoriale): che avrebbe una "via italiana" per delega, affidata dalle classi subalterne a coloro che si dichiarano loro rappresentanti.

3. Vale ripetere alcune date: l'anno della fine del "Politecnico" coincide col diffuso omaggio al militare-gazzettiere Zdanov, sinistro braccio di Stalin. Sulla stampa comunista, l'Urss, conclamata patria del socialismo in terra, è il luogo della felicità, della libertà, dell'entusiasmo di Stato: là, il lavoro non è pena, ma gioia....

Nello stesso anno (1947) inizia la pubblicazione degli scritti di Gramsci. Nel frattempo la disputa sull'impegno.... continua a isterilire il dibattito culturale. Gli adepti della ragione togliattesca usano il concetto di impegno per ciò che di fatto è:.... un attivismo estetico ridotto a funzione impiegatizia, la cui mistificata utilità.... si risolve a vantaggio di un sapere imbrigliato dai funzionari.

.... ogni avvenimento e fatto artistico dovrebbero evidenziare un inno alle virtù dei lavoratori....

I comunisti si presentano.... come i sicuri vincitori del futuro prossimo, giacché la storia sarebbe oggettivamente dalla loro parte, ed essi soli preparano un mondo a misura d'uomo, finalmente prodigo di beni e qualità morali, trasparente, giusto. Queste immagini redentrici nascondono una menzogna: che l'uomo sia un materiale da costruire, da forgiare a forza di iniezioni di ideologia rigenerativa....

Si deve tacere il disordine, censurare l'inconscio, l'universo scombinato del sogno non ha diritto di dignità artistica.... Così vengono rifiutate.... le poetiche del surrealismo, dell'espressionismo, del cubismo: quasi tutta l'arte del Novecento, salvo quella sovietica, è in blocco etichettata come decadente....

4. Il neorealismo cinematografico.... trascina fin oltre il 1950 i propri moduli espressivi ormai stanchi.... Eppure il Partito (comunista, nota mia) ne patrocina l'autenticità, salvo a richiedere una maggiore obbedienza militante dei cineasti, un più disciplinato uso affermativo di quella protratta attitudine espressiva. Sia che desse risultati eccellenti (Rossellini), .... pompieristici De Santis, Vergano), .... qualunquistici (Zampa), il neorealismo nel cinema è.... assunto nei suoi effetti.... demagogici.... Si trascura.... un'appropriata indagine stilistica e filologica dei singoli film.

Ecco un cinema ingenuo.... : da un lato gratifica i "buoni", i semplici ma intransigenti popolani, la resistenza, i piccoli sentimenti del volgo; dall'altro tende a liquidare...., perché sadici, viziosi ed egoistici, i borghesi.... questo manicheismo cieco ed esacerbato ha contribuito alla diseducazione degli spettatori; ma, ciò che è peggio, ancora produce.... la politicizzazione per slogan, mistificata, delle masse....

Questa operazione.... deve essere ricondotta alla sua matrice originaria.... a quello spirito predicatorio che fu tipico della stampa del partito (comunista, nota mia); alle chiacchiere astute e manipolatorie degli intellettuali comunisti diretti da Togliatti.

5. Il neorealismo letterario.... non è dissimile da quello cinematografico (in quel periodo, nota mia).... persegue una poetica che tende anch'essa alla mimesi popolaneggiante e al documentarismo: il quale, peraltro, risulta falsato giacché lo sguardo del narratore si trova sbilanciato tra la lusinga politica e il proprio sensibilismo....

Ma gli scrittori preferiti dal Partito comunista non sono né Vittorini - contro il quale.... fu mossa la già accennata polemica -  né Pavese - violentemente sbeffeggiato da Lucio Lombardo Radice -.... e tantomeno il giovane Pasolini; bensì Silvio Micheli e Francesco Jovine: il primo, aneddotico e macchiettistico, di respiro più comunale che provinciale, non a caso è stato presto dimenticato....

Di Gadda, si tace. Per contro, scrittori e poeti stranieri.... tutti etichettati come "decadenti" - e dunque, stando a molti critici che si alternano sulle pagine dell'Unità, da rifiutare - sarebbero Proust e Malraux, Faulkner e Camus, Eliot e Pound....

6. La proposta del "fronte della cultura" è del 1948: anch'essa inficiata da assolutismo ideologico. La Sinistra Ufficiale, quella dei Comitati Centrali, presume che esista un tracciato lineare tra gli uffici di Partito e l'elaborazione delle idee e dei temi estetici; se non c'è, lo impone. Pur affermando l'autonomia del "fare" artistico, tuttavia si arroga la "padronanza del discorso": suo è il significato, il dover essere. Chi non partecipa, automaticamente è un nemico, il conservatore, il reazionario, il solipsista, l'egocentrico; chi ha idee proprie, non di parrocchia, non così meschinamente servili e dimesse, è un imbroglione; chi vive l'arte e la cultura in modo serio, ma non accetta i paraocchi del Partito (comunista, nota mia) è un qualunquista (un tempo si diceva "disfattista, o anche "degenerato")....

.... un filo c'è, che attraversa il lavoro intellettuale per adeguarlo a uno schema amministrativo generale.... non troppo metaforicamente: quello del telefono degli apparati della Sinistra, che scaglia fulmini denigratori se non si opera per l'estensione dei consensi, in vista della battaglia elettorale.... un soggetto sociale collettivo da educare dall'alto....

Marx diventa il maestro incorniciato alle pareti del dopolavoro....

7. È per mancanza di immaginazione che il Politico chiede un'ottusa apparecchiatura para-politica all'immaginazione degli "artisti"; e pretende fornir loro una preformazione dei contenuti. Questa fu.... la caratteristica di fondo dello stalinismo, e, tale e quale, venne assorbita nella politica culturale del Partito comunista italiano....

Il proletariato risultava un elemento di addobbo per soggetti estetici. Si promuoveva la sua santificazione. Mai padrone di sé, l'operaio.... si vuole ch'egli dimentichi le sue sconfitte. Guttuso e Trombadori, Togliatti e Zafred, Salinari e Barbaro sanno ciò che gli serve....

8. La cultura, col passare degli anni, si sottrarrà a poco a poco a quegli "organigrammi" da moralistica unitaria.... La pubblicistica di Partito perderà autorità rispetto ai processi.... dell'industria culturale, alle nuove esigenze imposte dal profitto. I comunisti abbandoneranno così la loro propensione a fornire parametri estetici precostituiti - giacché non hanno più presa - e.... si apriranno alle diverse proposte intellettuali, purché queste si mostrino suscettibili di lasciarsi gestire nei luoghi del Partito (festivals, case della cultura, circoli della sinistra, ecc.)....

Resta da illustrare il passaggio - lungo, contorto, fatto di colpi e contraccolpi - dallo stalinismo a questa nuova strategia di politica culturale.

Lo stalinismo continua oltre la morte di Stalin.... I comunisti italiani hanno lavorato all'ombra di quel macabro scettro totalitario: rimuovendo paranoiche congiure di palazzo, infami esecuzioni sommarie a opera del KGB, separatezza del potere bolscevico dalle masse, campi concentrazionarii, deportazione ed eliminazione dei contadini; interpretando la parte del censore di verità, ossia difendendo l'URSS al di là di ogni vergogna. Ancora nel 1963, in una conferenza tenuta a Bergamo, Palmiro Togliatti, appena un anno prima della sua morte, disse: "Oggi nell'Unione Sovietica non si parla più di dittatura, ma di Stato di tutto il popolo"....

.... lo stalinismo aveva inviato militari e polizie segrete in Cecoslovacchia.... a Berlino, altre morti operaie. Poi, la Polonia....

Il Partito, tacendo, allargava la propria influenza sulle masse? Tacendo, il Partito non solo le ingannava, ma perpetuava un'immagine falsamente integra di sé, dilazionava il proprio delirio politico. Khruscev.... si mostrò più avanzato di Togliatti: a proposito del rapporto del nuovo capo del Cremlino al XX Congresso, Togliatti disse che occorreva un "approfondimento". A sentire Giancarlo Paietta.... subito dopo tale rapporto Togliatti manifestò "una sorta di fastidio di fronte a quella che a lui sembrava la rozzezza khrusceviana"; ed ebbe modo di concludere il dibattito "pronunziando ancora con forza il nome di Stalin". Togliatti conosceva Stalin; era stato un dirigente del Comintern; aveva vissuto per molti anni in Russia, giusto nell'epoca delle grandi purghe, dei processi politici e del più violento terrore di stato, fino al 1944. Se non credeva a Khruscev - qui è la farsa - non era in gioco solo la sua doppiezza politica: significava che Togliatti.... aveva vissuto lo stalinismo con tale irriducibile cecità che lo stalinismo si era impossessato di lui.

9. Ancora il 1956: pochi mesi dopo il XX Congresso.... Khruscev invia i carri armati in Ungheria. Un alto dirigente del PCI - riferisce Franco Fortini in "Questioni di frontiera", Einaudi, 1977 - sembra che in quell'occasione abbia affermato: "Il popolo senza il Partito è canaglia su cui si può sparare".

.... la tipica meccanica del ragionamento staliniano: chi denuncia l'oppressione interna nei paesi cosiddetti socialisti apre automaticamente la strada al rigurgito capitalista e al fascismo, favorisce la controrivoluzione. Fu l'accusa già rivolta a Trockij, poi a Zinoviev, a Radek, a Bucharin. Gli ideologi comunisti nostrani l'avevano fatta propria da sempre....

Ora, riguardo ai fatti di Ungheria, Togliatti ripete una lezione imparata a memoria.... egli non fa menzione dell'Urss, né dice una parola sui carri armati con la stella rossa che corrono le strade di Budapest seminando morte; tace l'evidenza.... Togliatti ha la spudoratezza di affermare: "Si è tratti a concludere che qualunquismo sia il termine che più esattamente definisce questa agitazione, per il suo carattere equivoco...."

Siffatta è la consistenza dell'ideologismo di tipo marxista: che i "valori" accampati in nome del socialismo cancellano ogni dimensione etica.... e alla loro luce si finisce col trascurare, sottacere, negare le azioni della barbarie più manifesta.

10. Lo stalinismo segue dunque il suo corso, anche dopo il XX Congresso, ma è costretto ad addolcire i suoi tratti. Resta la pratica della menzogna....

Con l'Ungheria del 1956, il comunismo internazionale segna comunque un'esitazione. La sua baldanza truce, le certezze che accampa, s'incrinano almeno in parte. Da noi, il carisma di Togliatti, versione nazionale del culto della personalità, non impedisce l'uscita dal Partito di un gran numero di intellettuali. Tutto ciò si ripercuote sulla politica culturale comunista, ma sempre, com'è costume, con ritardo. Restano le idee di Alicata sull' "arte malata" (così continua a chiamarla), l' "arte reazionaria"; e permane.... la consueta arroganza della corporazione: il progetto.... culturale entro il sistema di riferimento del Partito trasforma.... il rapporto con gli altri in uno schema amministrativo.... imposto da chi si ritiene migliore degli altri e fa, del proprio apparato, il giudice degli altri.

Il pubblicista comunista, parente povero di Togliatti e Alicata, incapace dei contorcimenti dei suoi capi, continuerà a praticare le anticaggini del didatticismo retorico-edificante. Incarnazione consumata del funzionario filisteo, del gregario fedele, dalla frequentazione zelante del Partito e dal militantismo culturale ha materializzato le immagini della rigenerazione della società....

12. .... Quando si fa riferimento alla cultura per estendere i propri strumenti di consenso di massa, già si opera per controllare ideologicamente le forze produttive, e questo è il continuum del Partito comunista...

L'acculturazione delle masse è.... una sorta di colonialismo interno, il.... sofisma.... di coloro che, credendo di parlare per le masse, affrettano il passo per una loro più duttile sottomissione. Già con Lenin l'idea del Partito, del gruppo di avanguardia cosciente che porta la coscienza agli incoscienti insufflandola dall'esterno, ha un indubbio sapore di dominio. Il collegamento, mediato dalla cultura, del Partito coi settori operai è ancora legato a quell'idea leninista, a quella convinzione che "solo dall'esterno" le masse potranno ricevere l'illuminazione di ciò che sono.

13. Per quale ragione le citazioni qui raccolte si fermano al 1964? Vent'anni di dogmatica marxista avevano caratterizzato un periodo di chiusura ideologica settaria, con la conseguente, manifasta, protervia intellettuale. Allora la rozzezza degli articoli.... appariva senza veli, nella sua nudità di sciocchezze, nella sua intolleranza nefasta. Quegli articoli si denunciano da soli, non hanno bisogno di commenti.... i contenuti che presentano sono così grevi, che oggi basta leggerli e subito, per autogena stoltezza, si evidenzia la loro meschinità. Ma quanto più il Partito comunista si avvia in una strada di tatticismo, e prende l'ibrido andazzo di adulare le classi medie per allargare il numero degli adepti, tanto più la sua volontà di monopolio ideologico-culturale è costretta a scomporsi. Però il Partito non vuole rinunciare a porsi quale forza egemone della società; pur avendo dichiarato di accettare il pluralismo ideologico, esso condanna le posizioni culturali che si manifestano  al suo esterno, ma solo nel momento in cui scompaiono; poi tenta di farle proprie, appena qualche anno dopo.... come è avvenuto per la Nouvelle vogue francese,.... per il neo-avanguardismo letterario in Italia, per il movimento del '68.

Questa doppia articolazione, condanna-recupero, condanna la fondamentale arretratezza del Partito, ma lo costringe a dare un'immagine di sé sempre più ambigua. Gli articoli e gli interventi culturali dei comunisti diventano allora un modello di vischiosità culturali, di detti e non detti, di mistificazione e di bla bla generico....

14. Sottilmente agisce oggi il capitale ideologico del Partito; attraverso i suoi organismi centrali e periferici.... il Partito organizza serate e concerti, offre Beethoven e Johnny Dorelli alle moltitudini e, all'insegna del praticismo e del compromesso, precisa i contenuti culturali da elargire alle masse. Ma invece di criticare il gusto corrente, che degrada i prodotti estetici a oggetto di discussioni improvvisate, esso favorisce la pigrizia mentale e la faciloneria, doppiando la grossolanità dei molteplici mass-media che invadono il mercato....

La cultura che si pretende democraticizzare riduce le persone ad assorbire una serie di stereotipi, integrati dal recupero estetico delle forme più disparate operato da quel nuovo contenitore delle contraddizione che è diventato il Partito comunista....

Ai politici rimane il privilegio di.... fomentare diatribe di mera tecnica di gestione del potere. Convogliando su di sé i bisogni di emancipazione delle masse, il Partito comunista.... non fa che confermare la loro condizione gregaria. A questo punto, e solo per rinnovata demagogia, Giorgio Napolitano e Aldo Tortorella possono parlare di lotta "per una cultura nuova".

 

Poiché questo articolo è già troppo lungo per le dimensioni ottimali di una pagina Web, potrete leggere il seguito nella seconda puntata, cioè nell'articolo "I primi della classe (2)". Ci troverete, finalmente, le citazioni vere e proprie  ricavate dagli scritti dei marxisti "doc", quelli autorizzati dal Partito Comunista Italiano.

Se a qualcuno venisse in mente di obiettare che bisogna distinguere gli articoli di propaganda politica marxista dalle opere dei marxisti di alto livello culturale, questo qualcuno prenderebbe una cantonata formidabile perché a quel tempo la menzogna spudorata e sfacciata era usata anche ai massimi livelli. Per convincervene seguite il link GEYMONAT all'interno del mio articolo "IL QUALUNQUISMO".

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