1.
L’antropologia
culturale si
propone di
conoscere e
comprendere le
culture degli
altri popoli
cercando di
immedesimarsi
nei loro
valori e nella
loro visione
del mondo. Nel
novero degli
antropologi,
alcuni ci
riescono
meglio di
altri, come è
ovvio che sia
trattandosi di
un’operazione
squisitamente
“interna”
quindi
dipendente
dalle doti di
intelligenza e
sensibilità
possedute o
meno
dall’antropologo
che effettua
la ricerca.
_______________________
2.
Le
scoperte
geografiche e
le conquiste
coloniali
hanno permesso
agli Europei
di entrare in
contatto con
popoli prima
sconosciuti
oppure
praticamente
ignorati.
Popoli che per
molti anni gli
Europei hanno
considerato
“primitivi” e
bisognosi di
una profonda
opera di
civilizzazione.
Pensiamo al fardello
dell’uomo
bianco di
cui parlava
Kipling e al Venerdi
del “Robinson
Crusoe” di
Defoe.
Gli europei
davano per
scontato che
la Storia si
svolgesse
lungo un
percorso di
evoluzione nel
quale la loro
cultura
rappresentava
il punto più
alto raggiunto
dall’umanità .
Questo è stato
vero fino a
quando gli
antropologi
hanno
cominciato a
criticare e
demolire il
mito del
cosiddetto “eurocentrismo”
introducendo
il concetto di
relativismo
culturale:
per
le culture non
esistono
criteri
universali di
giudizio,
ogni
cultura è
diversa da
tutte le altre.
Da
queste
premesse si
ricava
necessariamente
la conseguenza
che tutti
i
comportamenti
culturali
hanno sempre
una
giustificazione
se
considerati
all’interno
del loro
contesto
specifico.
Oggi
il relativismo
culturale è
diventato una
specie di
“postulato”
per gli
antropologi di
tutte le
scuole.
Secondo
me, però,
questo modo di
pensare ha
paralizzato
culturalmente
gli
occidentali
perché li ha
costretti a
rinunciare a
ogni giudizio
di valore nei
confronti
delle altre
culture
e li
ha indotti a
commettere un
grosso errore.
La
frase:
“tutti i comportamenti
culturali
hanno sempre
una ragione di
essere se
considerati
nel loro
contesto
specifico“
è stata cioè
ridotta a
quest’altra
che non è per
niente
uguale:
“tutti
i
comportamenti
culturali possiedono
pari dignità e
valore“.
Dall’eccesso
rappresentato
dall’eurocentrismo
siamo perciò
passati
direttamente
all’eccesso
opposto,
questo:
nei confronti
delle culture
bisogna
rinunciare a
dare un
giudizio di
valore poiché
in questo
campo non
esistono
criteri di
valutazione
universalmente
validi.
È in
questo
travisamento
che va cercata
la radice
dell’apprezzamento
oggi molto
diffuso per
il multiculturalismo.
Come se ognuno
di noi, poi,
nel proprio
intimo non
condannasse
senza la
minima
esitazione l’infibulazione,
la condanna a morte per
apostasia,
il taglio della mano
destra ai
ladri, lo
squartamento, l’impalamento,
la crocifissione,
il seppellimento
della vedova
del re,
viva, accanto
alla salma del
marito, la
schiavitù,
eccetera,
tutte
consuetudini
ampiamente
diffuse in
molte culture
comparse sulla
scena della
storia.
_______________________
- L’antropologia
culturale è
pertanto
passata
dall'abbandono
delle pretese
egemoniche
possedute
dall’eurocentrismo
ad una
posizione che
ha consentito
la comparsa
nella cultura
occidentale di
vere e proprie
pulsioni autolesionistiche.
L’antropologia
culturale non
si è infatti
accontentata
di riconoscere
la pluralità
delle culture.
Con il relativismo
culturale
(Boas,
Herskovits,
Mead, Sapir,
Whorf)
è andata molto
oltre: se
ogni cultura
deve essere
valutata
esclusivamente
in base ai
suoi stessi
valori, allora
bisogna
rinunciare a
classificare
le culture
sulla base del
doppio
criterio “superiore-inferiore”.
Questo è il
concetto base
al quale oggi
è approdata l’antropologia
dopo essere
invece nata
alla fine del
diciannovesimo
secolo
partendo dalla
posizione
opposta,
quella
contenuta nel
libro di Edward
Tylor
intitolato
significativamente
“Primitive
Culture”.
_______________________
- Secondo
me, l’attuale
infatuazione
acritica per
il multiculturalismo
nasce
soprattutto da
qui.
L’ossessiva
autocolpevolizzazione
degli
occidentali
- rafforzata
in modo
particolare
dai marxisti
che
all’Occidente
hanno imputato
in blocco capitalismo-colonialismo-imperialismo-sfruttamento
- ha poi addirittura
rovesciato
il concetto
che oggi hanno
di sé molti
occidentali.
_______________________
- Questa
tendenza
livellatrice
dell’antropologia
culturale ha
trovato
terreno
fertile
nell’idea
cristiana
secondo la
quale, essendo
tutti figli di
Dio, siamo
tutti uguali.
I cristiani
però hanno
anche adottato
una visione
del mondo che
è gerarchica
e basata sul giudizio
cioè sulla valutazione
del
merito-demerito
dei
comportamenti
degli
individui.
_______________________
6.
Sarò
immodesto, ma
io contesto
questa
posizione
dell’antropologia
culturale
moderna.
Secondo me,
non possono
avere uguale
valore le
culture che
non sono state
capaci di
inventare
nemmeno una
loro scrittura
e le culture
che invece
hanno espresso
un Dante, uno
Shakespeare,
un Confucio,
un Budda, uno
Yogananda, un
Kant, un
Newton, un
Leonardo, un
Beethoven,
oppure
costruito le
Piramidi, il
Colosseo, i
templi di
Angkor Wat,
Notre Dame, il
Taj Mahal,
mentre altri
popoli non
sapevano
costruire
altro che
capanne di
paglia e fango
con pavimenti
di terra
battuta e muri
intonacati con
gli escrementi
delle mucche.
Ho visto con i
miei occhi
queste capanne
e ho
incontrato
persone che
rifiutavano di
farsi
fotografare
perché erano
convinte che
la foto
rubasse la
loro anima.
Dovrei
smettere di
pensarla in
questo modo
solo perché mi
accusano di
essere
razzista e
solo perché
sto violando
uno dei tabù
imperanti?
__________________________
7.
L’antropologia
culturale è
una disciplina
creata e
sviluppata
solo dagli
occidentali.
Non si hanno
notizie di una
disciplina
analoga in
nessun'altra
parte del
mondo.
Ignorare le
altre culture
ha lo stesso
valore che
provare il
desiderio di
conoscerle e
studiarle?
Siamo stati
noi
occidentali a
studiare le
culture degli
altri popoli,
non sono stati
loro a
studiare la
nostra.
Secondo me,
questo
significa
qualcosa
quando si
valuta la
vitalità,
l’energia, il
potenziale di
conoscenza
di una
cultura.
_________________
- La
cultura
dell’Occidente
è stata capace
di criticare
se stessa, di
rimettersi in
discussione.
Quale
altra cultura
ha saputo fare
altrettanto?
Questo non
significa
niente ai fini
della
valutazione di
una cultura?
Io direi
proprio di sì,
ma guai a
sostenerlo in
pubblico
perché suona
oltraggio a
uno dei tanti
“idola fori”
del
politicamente
corretto che
imperversa
oggi.
________________________
- Significherà
pure qualcosa
il fatto che
molti popoli
hanno adottato
molti valori
della nostra
cultura. Per
esempio, il
rispetto delle
minoranze, la
valorizzazione
dell’individuo,
la
difesa della
sua libertà
e il
diritto di
scegliersi i
governanti.
________________________
- Non
ho difficoltà
a riconoscere
che bisogna
rinunciare a
voler imporre
la propria
cultura agli
altri popoli.
Certo, ma
questo non può
e non deve
significare
che bisogna
anche
rinunciare a
fare una
comparazione
tra le culture
in
base a quello
che sono state
capaci di
produrre
durante il
loro percorso
storico.
A questo
proposito i
multiculturalisti
obiettano: “Ma
se si accetta
di valutare il
peso
delle culture,
poi viene
spontaneo il
desiderio di
imporre la
propria”.
Questo nella
storia è
capitato
spesso, è
vero, ma non
ne deriva
necessariamente
che noi si
debba rinunciare
ad apprezzare
e difendere la
"nostra"
cultura. Non
ha senso, poi,
condannare e
rifiutare
l'uso del vino
soltanto
perché
qualcuno si
ubriaca.
Ora dovrebbe
essere facile
capire che è
possibile
difenderla
soltanto se
non la
mettiamo sullo
stesso piano
delle altre
culture. Il
che equivale a
pensare che
sia
"superiore"
alle altre. È
impopolare
dirlo, ma è
anche
necessario
riconoscerlo.
·
Il
tam-tam
battuto su un
tamburo vale
quanto un
canto
gregoriano?
·
Accendere
il fuoco con
una pietra
focaia vale
quanto
“accendere”
una centrale
atomica?
·
Un
tucul vale
quanto le
Petronas Tower
o la torre
Eiffel?
·
Una
credenza
animistica
vale quanto la
teoria della
relatività di
Einstein o
quanto le
costruzioni
teoriche
contenute nei
Veda, nelle
Upanishad, nei
libri dei
filosofi?
·
Seppellire
viva la moglie
del re accanto
alla salma del
marito vale
quanto la
posizione oggi
conquistata
dalla donna
nella nostra
cultura?
·
L’istruzione
scolastica
obbligatoria
vale quanto
l’analfabetismo
totale e
diffuso?
Non
è vero che
tutto sia
relativo,
esistono anche
criteri
“oggettivi”
per valutare
una struttura,
di qualunque
tipo essa sia.
Per esempio, il
sistema
nervoso di un
celenterato è
infinitamente
più semplice,
rozzo,
elementare e
primitivo di
quello di
qualsiasi
mammifero.
Per i prodotti
culturali vale
la stessa
regola
oggettiva.
Sono più
primitivi:
·
quelli
formati da un
numero
minore di
elementi
·
quelli
dotati di un numero
inferiore di
interconnessioni
·
quelli
che svolgono
un numero
inferiore di
funzioni
e meno complesse
·
quelli
che restano
sclerotizzati
e immodificati
per
migliaia di
anni.
quelli
soprattutto
che sono
smentiti dalle
leggi fisiche
della natura.
Questi sono
fattori
valutabili oggettivamente
e non
valutazioni
dipendenti
dalla
soggettività.
O meglio, si
tratta di
fattori quantitativi
che finiscono
per produrre
delle qualità.
Anche in
questo caso
credo che solo
il potere
paralizzante e
inibitore
degli “idola
fori”
impedisca a
molti
intellettuali
di riconoscere
verità così
semplici e
ovvie.
________________________
Se
davvero non
esistesse una
scala
valutativa
della qualità
delle culture,
perché milioni
di individui
si spostano da
una cultura ad
un'altra
mettendo
spesso a
repentaglio la
loro stessa
vita?
________________________
Poiché
quello che ho
sostenuto fin
qui è
facilmente
equivocabile,
tengo molto a
precisare che
la mia
polemica è
rivolta contro
il
"multiculturalismo"
che mette
sullo stesso
piano tutte le
culture.
Bisogna
evitare ad
ogni costo l'errore
drammatico che
consiste nel
pensare che
una cultura
sia il
prodotto di
una razza.
A buon
intenditor....
________________________
Definizioni
utili:
·
Etnografia:
“Studio della
cultura di una
popolazione
specifica, ma
limitato alla
sola fase
empirico-descrittiva”.
(A.
Kroeber, “Antropologia,
razza,
lingua,
cultura,
psicologia,
preistoria”).
“Branca
delle scienze
sociali che enumera
e
descrive i
popoli della
Terra,
analizzandone
le varie
manifestazioni
culturali e soprattutto
raccogliendo i
materiali e i
dati su cui
opera
l’etnologia”.
(Vocabolario
Treccani).
·
Etnologia:
“Studio della
cultura di una
popolazione in
particolare,
come sopra, ma
in relazione a
materiali che
si prestano ad
una
sufficiente
teorizzazione-generalizzazione”.
(A.
Kroeber, “Antropologia,
razza,
lingua,
cultura,
psicologia,
preistoria”).
“…. si
differenzia
dall’etnografia,
concepita come
scienza
puramente
descrittiva”.
(Dal
vocabolario
Treccani).
Antropologia
culturale:
“Studio
comparativo
delle culture.
Consentendo
l’uso delle
“astrazioni” e
delle
“generalizzazioni”,
permette di
creare
“teorie” cioè
di superare la
limitazione
rappresentata
dalla
descrizione di
ciò che è solo
particolare
e unico.
(
A. Kroeber,
“Antropologia,
razza,
lingua,
cultura,
psicologia,
preistoria”).