Prologo

Saro Jacopo Cascino

 

Dopo avere riletto la mia relazione e quelle degli altri partecipanti al convegno, sicuramente più documentati e profondi di quanto non sia io sull’argomento della propaganda e della pubblicità, presentare con una prefazione esplicativa il convegno "4 Pietre" di quest’anno mi parrebbe superfluo. I testi si incastrano e si giustificano l’un l’altro in modo tale da rendere evidente che la pubblicità e la propaganda sembrano ormai coincidere. Eppure la tradizione obbliga ad un prologo introduttivo.

Il Natale è una tradizione che costringe ad essere buoni anche coloro che non lo sono o non si sentono tali in quel periodo dell’anno, e li costringe a dilapidare la tredicesima che viene elargita proprio allo scopo di far fronte alla necessità di regalare doni in quella ricorrenza. In questo modo il regalo natalizio si è trasformato, da espressione di un valore spirituale, in manifestazione concreta della sudditanza alla legge del Mercato.

Chi abbia velleità di credersi persona di cultura, può farsi partecipe della cultura stessa quando le sue leggi siano i dogmi proclamati dal Mercato? Il Mercato è cosa di estrema, implacabile serietà, proprio come il Potere. L’intellettuale dovrebbe essere colui che, studiando a fondo la realtà che lo circonda, riesce a maturare una coscienza critica capace di comprenderla per poi poterla migliorare. La destra politica ha partorito filosofi e la sinistra ha generato sognatori cioè quegli intellettuali "organici" che sono tali nella loro consistenza fatta di materiale organico. Ora, qualunque ruolo e valenza si voglia attribuire all’intellettuale, non v’è dubbio ch’egli sia sottoposto ad insopportabili costrizioni da parte del Mercato il quale, fabbricando "eventi culturali" di matrice puramente economica, lo pone di fronte a scelte ineludibili che, in quanto tali, lo mettono in contraddizione con se stesso. Se esce un libro considerato l’evento editoriale dell’anno, infatti, come posso astenermi dal leggerlo? Se non lo leggo mi si dirà che non voglio aggiornarmi. Per poterne parlare lo devo comprare, ma lo stesso sono costretto a fare per giustificare la mia scelta di non parlarne. Similmente avviene per le trasmissioni televisive che abbiano goduto di ampio battage pubblicitario. Se me ne frego, sono un neofascista, se me ne interesso, sono un radical-chic, intellettuale da salotto della sinistra ormai asservita ai monopoli privati. In ogni caso mi tocca occuparmene per portare a casa il pane e sfoggiare i calzini di cachemire distintivi del mio ruolo e della mia appartenenza.

Rimane da chiedersi dove conduca la frammistione di propaganda e pubblicità. Frammistione grazie alla quale il Mercato distribuisce il Potere e lo mantiene. Ho fin qui scritto Mercato e Potere con la maiuscola poiché entrambi rappresentano nomi propri di persona. Che i cognomi dei detentori cambino è ininfluente. Ancora, sembra evidente che propaganda e pubblicità siano fattori negativi, causa del degrado inarrestabile della nostra civiltà. Dire il contrario sarebbe bestemmia.

Ho scritto all’inizio che la tradizione richiede un proemio a qualsiasi raccolta di esposizioni argomentate su un tema. È inoltre consuetudine che l’antologia si chiuda con una postfazione che ne tragga le conclusioni finali. La fascinazione per le parole di Badiali non mi ha impedito di vedere il suo come un testo aperto, più simile ad un commento che ad una chiusa. Per quanto riguarde me, invece, farei torto alla mia vis polemica se non trasgredissi la norma e non ponessi già nel preludio le mie conclusioni. Lo faccio servendomi della "parabola del seminatore" nella versione di Luca:

"Il seminatore uscì a seminare il suo seme. E mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestato, e gli uccelli del cielo lo mangiarono. Un’altra parte cadde sul sasso, e, nato, seccò, perché non aveva umore. Un’altra parte cadde in mezzo alle spine, e le spine cresciute insieme lo soffocarono. Un’altra parte cadde in buon terreno, e, cresciuto, fruttò il cento per uno".

Colpito dai semi della propaganda e della pubblicità, io mi sforzo di essere sasso e di non dar loro nutrimento. Questa è l’unica via d’uscita che sono riuscito a trovare, non avendo la presunzione di produrre spine capaci di soffocare né l’una né l’altra. Farsi buon terreno è scelta del singolo.

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